Stop alla manomissione

L’incidente all’azienda tessile, il caso della funivia, tanti altri eventi e incidenti gravissimi su macchine e impianti… la magistratura farà il suo corso nell’individuare le responsabilità, ma vale la pena soffermarsi su un aspetto che viene riportato spesso negli articoli di giornale e servizi televisivi, ricostruzioni e testimonianze: molto spesso si evidenziano casi di manomissioni a protezioni e sistemi di sicurezza.
Chiunque si occupa di sicurezza sul lavoro può raccontare aneddoti e casi particolari di fatti ricorrenti in tal senso, dal piccolo intervento temporaneo fino alla modifica vera e propria degli impianti, con un vero e proprio smantellamento del progetto originale.
Concordo con chi sostiene che questo sia un problema culturale: accettare il fatto che lavorare sicuri debba essere un valore complessivo della nostra società è un aspetto di cultura, di cultura industriale e del lavoro.
Dopo tanti anni nel settore, è evidente che la cultura di sicurezza si crea con l’attenzione quotidiana: attenzione ai comportamenti, alle condizioni dei luoghi di lavoro e delle attrezzature, alla pulizia e all’ordine dei reparti. Quotidiana, anche (e soprattutto) quando non succede niente, anche quando si ha la certezza di lavoratori formati e consapevoli, che operano in accordo alle regole.
È di fatto il concetto della prevenzione, da promuovere ogni giorno senza cadere nel tranello di sottovalutare le probabilità con cui certi fatti posso capitare, ricordando che raro non vuol dire impossibile e che non esistono in ingegneria sistemi che si guastano mai in assoluto.
Quello che però ultimamente salta agli occhi è che la frequenza dei casi di infortunio per errore, per comportamento scorretto (aspetti che si associano intuitivamente a possibili incidenti) è ormai del tutto paragonabile alla frequenza con cui avvengono queste manomissioni, quasi fossero considerate un “male necessario” per continuare a produrre regolarmente in un mercato sempre più stressato.
È un problema di legge? Di mancanza di obblighi, come sostiene qualche politico ogni volta che certe notizie finiscono in prima pagina? Io personalmente non credo, le leggi ci sono da anni e sono anche chiare.
Secondo me il problema sta nella poca consapevolezza dell’applicazione, forse anche nella sottovalutazione della conseguenza legale.
La domanda che mi faccio è se chi autorizza queste pratiche ha chiara, infatti, l’enorme differenza che passa fra colpa oggettiva e colpa volontaria, nei casi in cui risulti evidente l’intenzione di abbassare la sicurezza originale degli impianti, accettando di fatto le possibili conseguenze.
Molte norme tecniche di progettazione (EN, ISO, OSHA, …) già da tempo spingono i progettisti a scegliere componenti e soluzioni “a prova di guasto e di manomissione”
Questo sarà uno dei temi più sviluppati dalla tecnologia e dalla normativa dei prossimi dieci anni.
Gli aspetti di progettazione “anti-defeating” (ossia anti manomissioni) vanno pari passo agli aspetti di sicurezza funzionale (progettazione dei circuiti di safety delle macchine e degli impianti), e questo rende ancora più evidente l’intenzione volontaria di chi procede alla loro elusione: se la progettazione a monte (e la scelta del dispositivo) è corretta, non basta più “girare una chiave” o “coprire una fotocellula”… il sensore a cui la chiave è collegata si accorgerà della configurazione non congrua della macchina, la fotocellula capirà che il periodo di oscuramento è troppo lungo per un semplice passaggio di persona e loro stessi interverranno per fermare l’impianto nelle condizioni di sicurezza migliori.

Cosa si può fare ancora di più in futuro?

Le norme tecniche attualmente in fase di aggiornamento saranno ancora più stringenti in materia di anti defeating, se ne intravedono già i segnali dalle prime revisioni.
Oltre a queste, che costringeranno ad aggiornamenti progettuali sempre più attenti alla materia, penso sia una cosa fondamentale trovare il modo di accrescere la cultura, la consapevolezza della sicurezza, anche in tempo di “crisi” (reale o sbandierata che sia).
Procedure condivise, modelli di comportamento, premialità (anche coinvolgendo le assicurazioni) sulla base di risultati non solo produttivi sono tutti aspetti allo studio in varie aziende, paesi, associazioni internazionali.
Metodi e procedure di gestione dei sistemi di sicurezza, di manutenzione e relativa tracciatura, di verifica e controllo periodico, al tempo dell’industria 4.0, ce ne sono tanti, vi contribuiscono consulenti, enti normativi, enti notificati, associazioni.

Noi stessi di NEMOTEC operiamo da anni nella formazione di lavoratori e responsabili tecnici e nell’approntamento di procedure aziendali anti-defeating riguardanti tutti gli aspetti di gestione della cosiddetta “technical safety”.
È un percorso, abbiamo iniziato, dobbiamo lavorare per migliorarla. La cultura.

Riccardo Federigi

Ing. Riccardo Federigi

CEO - NEMOTEC SRL

Esperto di Sicurezza Macchine opera nel campo delle certificazioni di prodotto da oltre 20 anni. Docente di Sicurezza Macchine e Sicurezza sul Lavoro Collabora con varie Multinazionali, ha svolto e svolge tuttora attività di docenza e consulenza per conto di Associazioni e Enti Notificati (Dekra, Tuv, Unione Industriale La Spezia, Lucca, Prato e Pistoia, Università di Firenze, Istituto Ambiente Europa, …).